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venerdƬ, Aprile 19, 2024

Fino all’anima delle pietre: le sculture di Remo Ponti

In unā€™epoca dove la montagna viene ormai vissuta a tempo di record, con prestazioni sempre piĆ¹ estreme, puĆ² risultare anacronistica la storia che ci racconta il signor Remo Ponti. Egli assapora la natura, annusa lā€™odore del muschio e delle foglie secche, stando seduto su di un piccolo sgabello, ai margini del bosco. Qualcuno narra che parli con le pietre, che le rianimi, e la cosa mi ha incuriosito non poco.

Remo Ponti foto copyright Mirco Bonacorsi (1)
Ā© M. Bonacorsi

Salgo quindi verso il monte Cereto, appena fuori dal caos cittadino di Albino, alla sua ricerca. Appena superate le ultime case di via Piazzo mi pare di scorgerlo da lontano, seduto sul suo sgabello monopiede davanti ad un lungo muro. Dal cielo cadono alcune gocce ma lā€™artista, cosƬ ĆØ giusto definirlo, ĆØ comunque al lavoro. Vibra con energia alcuni colpi di mazzetta sullo scalpello per dare forma allā€™ennesima opera dā€™arte su un grosso masso.

Dopo le presentazioni il signor Remo, classe 1938 ed originario di Cavernago, si toglie gli occhiali che usa per proteggersi dalle schegge che si sfaldano dai sassi. Ā«Io alle pietre ci parlo perchĆ© trasmettono sensazioni, raccontano le storie delle tante persone che hanno visto passare lungo questa strada. Il mio lavoro vuole essere un omaggio ai vecchi contadini che in questi prati hanno faticato, falciato lā€™erba o le hanno ruzzolate con le loro mani callose per farne un muro di sostegno. Bisognerebbe sempre imparare a rendere omaggio a chi ha speso energie e fatto sacrifici per conquistare qualcosa da lasciare in dono alle generazioni futureĀ».

Remo Ponti foto copyright Mirco Bonacorsi (3)
Ā© M. Bonacorsi

Remo prende fiato, osserva per lā€™ennesima volta il muro che inizia a confondersi con lā€™oscuritĆ  della sera, lo indica con la mano destra e lancia la sua profezia. Ā«Se anche dovesse crollare, o subire lā€™usura del tempo, le pietre saranno indistruttibili e testimonianze eterne per quanti sono passati e passeranno di quaĀ».

I massi scolpiti non sembrano avere una distribuzione uniforme allā€™interno del muro; alcuni sono piĆ¹ vicini, quasi si toccano, altri distanziati tra loro da qualche pietra ancora intatta. Nella descrizione delle sue sculture noto che Remo pone sempre come denominatore comune il continuo confronto tra lā€™animale e lā€™uomo o, per meglio dire, dei numerosi tentativi di questā€™ultimo di emulare le gesta di uccelli, pesci o animali domestici. Confronto, perĆ², in cui la parte del cattivo spetta sempre allā€™uomo poichĆ© modifica, storpia e deturpa il mondo per ricavarne solo benefici economici.

Remo ĆØ un artista versatile perchĆ© incide e lavora ogni tipo di materiale: marmo, ferro e legno, magari radici contorte lasciate ai margini del Serio durante i periodi di piena. E poi ancora. Attrezzi edili, martelli, punteruoli nonchĆ© modelli unici di fucili e pistole. Ā«Ho iniziato da piccolo, con mio padre artigiano. Sistemavamo orologi di campanili, cancelli, portoni, macchinari industriali, nonchĆ© motori di automobili o trattori agricoli. Lā€™idea del muro ĆØ invece molto recente, datata settembre 2013, grazie alla vicinanza a casa mia ed alla possibilitĆ  di lavorare sedutoĀ».

Remo Ponti foto copyright Mirco Bonacorsi (2)
Ā© M. Bonacorsi

Mancano una decina di opere per arrivare a cinquecento. Ā«Quando raggiungerĆ² quel numero faremo una festa – dice ridendo – e comunque ho giĆ  individuato il sasso per onorare questo traguardo. La scelta delle pietre ĆØ casuale, legata ad una sensazione che nasce in me in quel momento, i soggetti invece li modello in base alla loro conformazione e consistenzaĀ».

Malgrado il numero elevato Remo ricorda di ognuna i minimi dettagli, del perchĆ© ha inciso un forellino piuttosto che un cerchio o uno spuntone. Ai margini estremi del muro mi indica due visi, orientati in modo che possano vedersi e nel contempo vegliare su tutte le sculture tra loro interposte. Ogni tanto passa un escursionista, un abitante del posto, con il quale Remo scambia qualche battuta oppure, orgogliosamente, spiega loro il significato dellā€™opera che sta portando a termine.

ƈ passata oltre unā€™ora, lo ascolto ancora con piacere poichĆ© la descrizione dei piccoli dettagli mi incuriosisce assai. Lo saluto con il proposito di tornare per festeggiare la cinquecentesima scultura. Mi stringe la mano in modo vigoroso non prima di avermi detto: Ā«Salutami le montagne di ValbondioneĀ». Detto e fatto.

Mirco Bonacorsi

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