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martedì, Dicembre 3, 2024

Antonino Lollo: una maratona d’autunno nel mirino. Voi bergamaschi mi avete adottato

“L’uomo che visse due volte” dello sport bergamasco racconta come sta provando a andare forte in atletica. Antonino Lollo punta a un crono sotto le 2h20′ in maratona, non disdegna il trail, ama la Valle Seriana e si sente un bergamasco adottivo.

Antonino Lollo Sei Comuni Presolana Trail
photo credit Cristian Riva / Fly-Up

L’uomo che visse due volte, all’inizio ha voluto la bici e pedalava. Sei anni dopo essere sceso dalla sella, Antonino Lollo corre, e a 31 anni da compiere il prossimo 8 ottobre, lo fa con un entusiasmo da far invidia ai ragazzi che hanno la metà dei suoi anni: «Quest’anno sogno una maratona sotto le 2h20’, più avanti vedremo: la meta sta nel viaggio». Intanto, domenica 16 maggio, è giunto secondo assoluto nella 10 km di Milano, con il crono di 30’38”.

Lui cita Ulisse e Itaca, ma l’ombelico del suo mondo, oggi, si chiama Songavazzo, ridente cittadina di 710 di abitanti in alta Valle Seriana. Risiede lì, nonostante sia originario di San Salvatore di Fitalia, 1100 chilometri più a sud, in provincia di Messina. Solo apparentemente è tutto un altro mondo: «Perché al sud c’è il mare, è vero, ma a una quindicina di chilometri da dove vivevo pure i monti Nebrodi – aggiunge “Nino” (come lo chiamano gli amici) -. Ecco perché, guardando fuori dalla finestra, un po’ capita di sentirsi quasi a casa».

Da quando è ai piedi delle Orobie, il mondo dell’atletica di casa nostra l’ha universalmente eletto come il più bergamasco dei siculi. Testardo, meticoloso, lavoratore come solo chi ha nel dna lo sport agonistico può essere: «Ho iniziato con il ciclismo a 12 anni, rincorrendo un sogno – ricorda riavvolgendo il nastro dei ricordi –. Salendo di categoria, tra Junior e Under 23, ho lasciato casa per trasferirmi prima in Friuli e poi in Toscana. Ero uno scalatore, credo di essere stato un buon gregario, ma a un certo punto ho capito che il gioco non valeva la candela e non sarei emerso».

Ciclisticamente parlando è cresciuto nella generazione che aveva ancora il mito del Pirata Pantani. Stando a ruota di un concittadino illustre: «Ovvero Vincenzo Nibali, lo squalo, che ho la fortuna di conoscere personalmente e con cui ho condiviso qualche uscita». Poi, dal 2014, dopo essere entrato nei corpi militari (da un triennio è in Polizia, attualmente in servizio alla Questura di Bergamo) c’è stata l’atletica: «Inizialmente perché il tempo era poco, e correre un’attività che si incastra facilmente in ogni giornata».

Il suo primo tesseramento è stato per l’Avis Treviglio, il secondo il Team Nrcd Running Club di Varese. La vita (e il club, ovvero l’Atletica Bergamo 59 Oriocenter), gliel’hanno cambiati l’incontro con il coach Saro Naso, suo conterraneo: «Una figura a cui devo tanto, e che anche oggi lavora per mettere a posto quei tasselli motori che mi mancano – spiega –. Un esempio? Continuo a fare lavori di tecnica, perché la mia meccanica di corsa, e quindi la resa, possono essere migliorati: non è semplice mettersi a correre per un ex ciclista, più semplice fare il contrario».

Dall’inizio della sua second life sportiva, i suoi progressi sono stati costanti nel tempo. Anche nel funesto 2020, per tutti appesantito dalla pandemia, è riuscito a migliorare i suoi primati personali su 10.000 metri in pista (30’17”) e mezza maratona (1h06’40”): «In quest’inizio di stagione li ho sfiorati (ottava piazza alla Mezza di Trieste in 1h06’58, 30’24” sui 10.000 ai Cds e 30’46” sempre in Friuli in una 10 km e il più recente 30’38” sotto la Madonnina) e va bene così considerate le premesse. Tra febbraio e marzo mi sono dovuto fermare per un problema alla rotula causato da una caduta accidentale sul ghiaccio, al momento della ripresa non sapevo ciò a cui sarei andato incontro».

La scorsa estate, un po’ a sorpresa, ha deciso di sfidare salite e pendenze del Buldet Vertical e della Sei Comuni Presolana Trail, vincendoli entrambi: «Mi sono divertito, correre in montagna regala sensazioni uniche, ma ho un po’ di paura: non trovo i giusti appoggi in discesa (ride), e credo sia compatibile con pista e strada soprattutto quando si è più giovani».

A volte condivide le fatiche dell’allenamento con altri valligiani quali Iacopo Brasi, Luca Beggiato, Giovanni Gualdi, Michele Palamini e Stefano Benzoni: «Il più delle volte sul circuito della Spessa di Clusone, o uno che ci siamo ricavati dalle parti di San Lorenzo. L’ideale sarebbe usare la pista dei “Prati mini”, ma ci sono delle limitazioni». Senza limiti (cronometrici), spera risulti un 2021 in cui il suo obiettivo dichiarato è quello del salto di qualità sulla distanza di Filippide.

Vinse all’esordio nel 2017 (a Pisa, in 2h24’18”, prima di prestare servizio per l’Esercito, dove è stato arruolato tre anni, ai terremotati di Amatrice), ma da allora sui 42 km e 195 metri ci ha riprovato solo una volta: «L’idea era quella di essere a Reggio Emilia, lo scorso dicembre, ma poi ho avuto qualche contrattempo: credo di aspettare l’autunno perché quella distanza è da rispettare, e chiede tanto».

Sino ad allora continuerà a correre nei ritagli tempo in mezzo alle bellezze che la natura gli offre: «Come potenziamento mi faccio le salite della zona di San Lucio e sul monte Blum», gioia per gli occhi della provincia che lo ha adottato. «Voi bergamaschi apparentemente siete un po’ chiusi, ma in realtà siete gente di cuore, laboriosa, e che va oltre la diffidenza iniziale. Non rinnego certo le mie origini, ma in futuro mi vedo a vivere qui».

Sportivamente parlando, il suo domani, sarà l’atletica. E pazienza se presente e passato (sui pedali), a qualcuno fa credere che possa essere un triatleta quasi perfetto: «Se devo dirla tutta, anche con il nuoto me la cavo, ma per qualche anno darò ancora tutto me stesso solo alla regina di tutti gli sport. Voglio capire dove posso arrivare, e poi meglio fare una cosa fatta bene che tre fatte così e così». Parola dell’“uomo che visse due volte” dello sport bergamasco.

Luca Persico
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