Tra federazione (Fisky), bed and breakfast e… fisioterapia. Fabio Meraldi, classe ’65, campione di sci alpinismo e corsa in montagna, la montagna non può più viverla con le gambe, ma non ha mai smesso di metterci la testa e buttarci il cuore. È stato un incidente, capitatogli mentre scalava in una palestra indoor, a bloccargli la schiena. Era il 2013 e a Fabio è cambiata la vita.
Due volte a settimana deve farsi 200 km per andare a Cividale del Friuli a fare fisioterapia. Ha dovuto abbandonare il lavoro da guida alpina e la pratica sportiva per dedicarsi al bed and breakfast di famiglia, Casa di Centa, a Paluzza (in provincia di Udine), dove vive insieme alla moglie Manuela Di Centa con cui è sposato dal 2004. E ha lasciato scarpe e pelli, senza smettere però di dedicarsi a sport e montagna.
«Da otto anni mi è cambiata la mia vita ad ogni livello, sia lavorativo sia sportivo – inizia a raccontare -. Non ho smesso di vivere la montagna ma lo faccio in modo completamente diverso, dando un supporto diverso. Fortunatamente, pur nel male che mi è capitato, sono ancora vivo: ho una disabilità importante ma riesco a muovermi. Ho abbandonato l’agonismo e la pratica dell’alpinismo, ma ho saputo accettare dei cambiamenti e la volontà non è mai venuta meno. All’inizio è stato un trauma, non solo fisico ma anche psicologico: primo ero immerso totalmente in questa attività, la montagna mi prendeva a 360 gradi 365 giorni l’anno, per il lavoro, per la passione, per le gare».
Accettare l’invalidità non è stato facile, ma lui ha avuto l’intelligenza e il coraggio per reinventarsi. Il suo impegno nel mondo della montagna ha preso subito forma con l’incarico di presidente onorario della Federazione Italiana di Skyrunning. «Quando mi sono trovato in un letto d’ospedale, nella sofferenza ho dovuto rielaborare la mia vita. Ho ringraziato per la fortuna di essere ancora in vita e da lì mi sono chiesto come potevo rendermi ancora utile. A sei mesi dall’uscita dall’ospedale ho ricevuto la riconoscenza di presidente onorario della Federazione e la carica è stata un incentivo ad essere ancora a supporto di qualcosa. Dal buio è stato uno spiraglio che mi ha convinto che non era tutto finito».
Il ruolo era nelle sue corde. Fabio l’ha capito subito. «Già da atleta ho sempre avuto la volontà di far cambiare le cose, mi sono sempre definito un rompiscatole – sorride -. Al di là delle prestazioni e dei risultati, quello che mi interessava era contribuire a costruire qualcosa attorno alla gara, pensare al sistema che supporta l’evoluzione. Adesso, per esempio, si parla molto di sci alpinismo, anche in tv ne parla chi lo conosce poco. Con la Federazione abbiamo contribuito a creare un’evoluzione, che riguarda il materiale, l’abbigliamento, i regolamenti. Così anche per lo skyrunning, che ha avuto un’evoluzione moderna ma a lungo non è stato regolamentato come sport: è sempre stato praticato, prima che ci fossero gare, ma con Marino Giacometti abbiamo sviluppato l’idea che si potesse regolamentare la corsa, intesa come primo step verso l’alpinismo. Adesso c’è un movimento che sta crescendo: tante persone si stanno avvicinando a questo sport, tante società e organizzazioni si sono affiliate, la Federazione ha avuto il riconoscimento ufficiale del Coni. A me questo non porta vantaggi economici ma dona delle gratificazioni impagabili: puoi mettere le tue passioni a servizio di tutti».
La crescita del movimento outdoor è diventata una vera e propria esplosione negli ultimi anni. Un fenomeno nelle cui tinte si mescolano bellezza e problemi. «Ormai è una pratica quasi normale e ne sono felice, dentro di me posso dire di aver contribuito a creare questo movimento. Lo skyrunner ha la possibilità di salire verso le vette, di correre vicino al cielo, come lo scialpinista su pendii e cime uniche, ogni giorno diverse: insomma, è sempre uno spettacolo e poter contribuire a tutto questo personalmente mi fa vivere. D’altro canto penso che quando le cose diventano grandi debbano essere regolamentate: servono, per esempio, delle linee guida per prevenire e in questo senso abbiamo dei progetti in atto».
Fabio ha aperto un grande cantiere di idee. Il prossimo 25 aprile ci sono in programma le elezioni per il rinnovo del consiglio della Federazione (12 i candidati per 10 posti in consiglio) e Fabio è candidato come presidente. «Spero di portare avanti la comunicazione sui temi di prevenzione e istruzione. Spesso in montagna ci si trova ad affrontare un sentiero solo ipoteticamente facile: se lo stai percorrendo in gara, non conosci il sentiero ma la macchina organizzativa è concepita per assisterti. Quanto invece sei al di fuori di un contesto competitivo e ti trovi in montagna ad allenarti ti ritrovi in un ambiente ignoto, con le sue peculiarità, in cui nessuno ti supporta. Tanto per fare un esempio, molti atleti devono andare lontano ad allenarsi perché non hanno le montagne fuori casa e non conoscono a fondo i luoghi in cui si spingono. Spesso in questi casi si ignorano le indicazioni più semplici, come mettere il localizzatore nel telefono. Le persone vanno informate, bisogna dare la giusta comunicazione che ci si può muovere ma bisogna farlo con i criteri opportuni, sapendo dove si va e come si devono affrontare eventuali incidenti. Bisogna essere consapevoli, per esempio, di quanto sia grande la macchina che si muove in funzione del soccorso e del supporto: questa è un’attenzione che io ho sempre avuto, anche da guida alpina. La soluzione non è proibire, assolutamente, e nemmeno selezionare le persone, sarebbe bruttissimo: tutti dobbiamo avere la possibilità di andare in montagna, ma con la giusta informazione. Questo fa si che sì possano muovere più persone e meglio».
Una parte importante del lavoro della Federazione è rappresentato dal legame con le società. Che in questi mesi si sta rivelando particolarmente intenso e prezioso. «Ci sono parecchie problematiche. La prima che riscontriamo è legata ai protocolli di comportamenti di chi può fare agonismo. Tutte le informazioni sono pubblicate sui nostri siti, ma ho riscontrato che la maggior parte delle società e delle persone non entra nel sito a leggere i regolamenti: hanno bisogno di un supporto a tu per tu. Molti preferiscono sentirsi dire direttamente le cose: normalmente le federazioni grandi non riescono a dare questo supporto alle migliaia di persone loro associate, noi siamo piccoli e al momento riusciamo a rispondere alle richieste. Anzi, rafforzeremo ancor di più la relazione diretta. Va bene il progresso informatico, ma abbiamo bisogno di un confronto umano e noi cerchiamo di tenere un rapporto umano anche con gli affiliati che non conosciamo personalmente».
Fabio ha le idee chiare anche quando si parla di programmazione. Sul crinale tra quella dello scorso anno, saltata, e quella di quest’anno, ben definita. «Nel 2020 siamo stati i primi a sospendere il calendario delle manifestazioni: abbiamo fatto subito questa scelta, a differenza di altre federazioni che forse non avevano capito bene la situazione. In questo modo i nostri affiliati e i nostri atleti non hanno fatto preiscrizioni e non ci hanno rimesso soldi. Quest’anno siamo partiti all’opposto, avendo compreso meglio la situazione attuale: abbiamo organizzato innanzitutto il circuito invernale di Coppa Italia di skysnow, con tre gare tra metà marzo e metà aprile, poi tutta la stagione di skyrace, con il calendario di Coppa Italia che partirà il 25 aprile. Si tratta di eventi tutti attuabili, con protocolli in funzione dei decreti e delle indicazioni del Coni».
L’apertura della stagione estiva è dunque fissata al giorno della festa della Liberazione, in terra sarda. «La Villacidro Skyrace è una manifestazione che viene organizzata da tre anni, in un paese di grandi sportivi. Abbiamo dato il nostro supporto come Federazione sin dall’autunno scorso per lavorare alla programmazione della gara. Inaugurano la Coppa Italia di Skyrunning e, oltre che coraggiosi (visto il periodo così difficile) sono nettamente impostati su un turismo sportivo sostenibile e decisi a svilupparlo nel territorio di Villacidro, già capoluogo isolano di molti sport e destinato a diventarlo anche per quanto riguarda la corsa outdoor che si può praticare lungo una fitta e storica rete di sentieri».
Si parte da lì per spostarsi poi sulle Alpi nel cuore dell’estate. Fabio guarda a questa stagione ma butta lo sguardo anche al futuro. «Le prospettive a cui stiamo lavorando con il gruppo sono quelle di una Coppa Italia che sia davvero Italia: vogliamo riuscire ad includere tutte le regioni, ognuna con la sua peculiarità di montagna. Abbiamo un patrimonio di una bellezza unica, le nostre montagne vissute di corsa possono rappresentare un punto importante di comunicazione anche per informare su come si va in montagna, come ci si comporta. La programmazione futura, inoltre, ci vedrà al lavoro sulla Coppa Italia per l’estate ma anche sempre più sull’ottica dell’inverno: già quest’anno abbiamo lo skysnow, con una finale vertical che ha assegnato i titoli italiani di categoria».
Un altro tema che a Fabio sta particolarmente a cuore, alla luce anche dell’esperienza personale che sta attraversando, è legato all’inclusione, per promuovere un’ottica di fruibilità della montagna ad ampi orizzonti. «Dobbiamo lavorare ad una cultura per cui tutti possono andare in montagna, ognuno con i suoi attrezzi, con i suoi limiti, con le sue caratteristiche fisiche. Camminare e correre sono possibili per tutti. Per le nostre gare abbiamo stilato un protocollo, che attueremo in parte già in questa stagione, per integrare anche le gare per diversamente abili: abbiamo individuato le categorie di atleti/e amputati, non vedenti e sordomuti. Iniziamo con le vertical, dove l’approccio è più facile, ma in futuro vogliamo lavorare anche al resto, con l’obiettivo di avere un titolo di categoria, sia maschile sia femminile».
Una montagna per tutti. Anche, e forse soprattutto, per i più giovani. «All’interno della Federazione ho in mente di creare delle commissioni, tra cui una dedicata ai giovani. È un tema fondamentale: i giovani sono il futuro, anche di recente la Federazione internazionale ci ha chiesto di abbassare l’età di partecipazione alle gare a 15 anni. In Italia facciamo già fatica ad avere i 16enni, a differenza di quanto accade per esempio in Spagna, dove c’è un movimento grande di giovani. Noi abbiamo molti ragazzi dai 17 ai 25 anni, anche nella squadra della nazionale capitanata dal c.t. Roberto Mattioli. I giovani portano anche innovazione a livello di visione, per questo dobbiamo integrarli sempre di più pure nell’entourage politico-organizzativo».
I ragazzi che si affacciano alla pratica di questo sport ad alti livelli, secondo Fabio, devono interfacciarsi oggi con uno scenario più complesso rispetto a quello che ha vissuto lui qualche anno fa. «Io sono sempre stato abituato ad allenarmi l’estate per l’inverno e l’inverno per l’estate: correvo tutto l’anno. Non facevo, però, la moltitudine di gare in cui sono impegnati oggi ragazzi e ragazze: adesso corrono praticamente tutte le domeniche, mentre 30 anni fa c’erano più sky marathon ma nel complesso meno gare, così si saltava qualche domenica. La conseguenza di questo cambiamento è che si tende a scegliere tra estate e inverno, perché altrimenti l’impegno richiesto sarebbe eccessivo. Conosco pochi ragazzi che riescono a conciliare sport estivi e invernali: mi viene in mente Alex Oberbacher, di Ortisei, che è in nazionale sia di sci alpinismo sia di sky running, ma è veramente difficile e la vita sportiva dei ragazzi rischia di diventare breve. Infine, non va sottovalutato l’aspetto economico: le iscrizioni sono onerose, noi come Federazione supportiamo gli atleti solo per le gare internazionali e mondiali e i raduni, per il resto ci pensano le loro società o le famiglie, che restano i primi sponsor dei ragazzi. Lo sky running, anche se in misura minore rispetto allo sci alpinismo, è comunque oneroso, soprattutto per chi non è sostenuto da un gruppo militare».
Tra fisioterapia e bed and breakfast, Fabio attende le elezioni della Federazione. Ma la sua è l’attesa di chi non si ferma mai.
Francesco Ferrari
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