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sabato, Luglio 27, 2024

Himalayan Highest Mtb Race: ancora Marzio Deho il padrone della corsa a tappe più alta del mondo

Pedalare sui passi carrozzabili più alti del mondo, al cospetto della catena himalayana, in un totale di sei tappe su un percorso di 600 km e un dislivello di 9000 m, ad un’altitudine compresa fra 3200 m e 5600 m slm. Questa l’Himalayan Highest Mtb Race, disputata dal 4 al 9 luglio 2016 in Ladakh, nella quale Marzio Deho (Olympia Polimedical) si è riconfermato il più forte, scrivendo per il secondo anno di seguito il proprio nome sull’albo d’oro.

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© Himalayan Highest Mtb Race

Racchiusa fra le catene montuose dell’Himalaya e del Karakorum, la regione indiana del Ladakh ha accolto i biker impegnati nell’Himalayan Highest Mtb Race, evento ciclistico organizzato dal gruppo italiano Wheels without borders. Ladakh, un deserto d’alta quota, grigio e polveroso, disseminato di chiazze verdi segno della presenza dell’uomo, enormi montagne a fare da sfondo. Una regione pacifica, in prevalenza buddhista e musulmana, la cui economia si regge sull’agricoltura e l’allevamento nomade.

Gara ma sopratutto viaggio alla scoperta del Piccolo Tibet, respirando aria sottile e spiritualità, in un ambiente estremo. Tra i concorrenti dell’inedita corsa a tappe in mountain bike, il vincitore della prima edizione Marzio Deho, il biker francese Thomas Dietsch e il vincitore di due Giri d’Italia Gilberto Simoni.

Così anche quest’anno sei tornato in India per partecipare alla corsa più alta del mondo…
«Sì, ho riflettuto un po’ prima di decidere se tornare o meno all’Himalayan Highest Mtb Race – racconta Marzio Deho – per valutare se potessero coincidere i programmi stagionali del mio team. Qualche mese fa ho preso la decisione di ripresentarmi al via, perché mi aveva entusiasmato la prima edizione e con piacere ho voluto rivivere questa esperienza».

Marzio Deho Himalayan highest mtb race 2016 Ladakh
Khardung La pass – © Himalayan Highest Mtb Race

Sei tappe complessive, 600 km di sviluppo e 9000 m di dislivello: com’è strutturata la logistica?
«Due piccoli trasferimenti, il primo di 50 km da Leh, la capitale, per andare alla partenza di Upsi, e un altro di 24 km al termine della terza tappa per giungere al campo sede di partenza della quarta tappa. Le tappe erano in linea, si partiva da un punto e si arrivava in un altro; l’organizzazione prelevava tutto il nostro materiale personale prima della partenza e lo trasportava al traguardo».

Quanti i concorrenti?
«Non molti, venticinque, provenienti da Italia, Spagna, Francia, Austria e India. Non è facile, logisticamente, trasferire la ‘carovana’ in quei posti per un’intera settimana».

Come vi ha accolto la gente del posto?
«Durante la gara non abbiamo avuto molto a che fare con la popolazione locale. Si attraversano solo piccoli villaggi, qualche campo nomade e monasteri buddhisti. In uno di questi abbiamo fatto tappa e dormito ospiti dei monaci, ricevendo un’accoglienza assai cordiale».

Quanto tempo è stato necessario per l’acclimatamento?
«Siamo arrivati cinque giorni prima nella capitale della regione, Leh, già piuttosto elevata essendo a 3500 m slm. Nelle prime uscite, molto tranquille, abbiamo cominciato a salire e scendere da 4000 a 5000 m».

Le sensazioni nel pedalare sui passi più alti del mondo?
«In gara si raggiungono passi carrozzabili come il Khardung La pass (che le fonti indiane indicano a quota 5602 m slm ma che le rilevazioni altimetriche danno a 5359 m slm, ndr) e il Chang La a quota 5360 m slm. A causa della mancanza di ossigeno non bisogna mai esagerare, salendo con il proprio ritmo regolare».

Hai corso con la febbre?
«Non so a cosa sia dovuto ma i primi giorni non sono stato nelle migliori condizioni, ho avuto qualche problema di raffreddore, mal di gola e in un paio di tappe sono partito con qualche linea di febbre».

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© Himalayan Highest Mtb Race

Avevate spazio per il recupero, tappa dopo tappa?
«Il tempo per recuperare c’era ogni giorno. Solitamente le tappe partivano alle 9.00 del mattino quindi nel primo pomeriggio si era al traguardo, e il tempo per mangiare, per l’assistenza meccanica e il riposo non mancava».

Hai testato materiali o utilizzato attrezzatura particolare?
«Niente in particolare. Ho adoperato tutto il materiale a mia disposizione, quello che utilizzo normalmente per la stagione agonistica».

Come collochi, all’interno della tua lunga carriera, questo risultato e soprattutto questa esperienza?
«Più che il risultato ha valore la splendida esperienza di pedalare in luoghi unici. Immense vallate poco abitate, attraversate da vasti fiumi come l’Indo, valicabili su strade militari che conducono ad altissimi passi. Sempre circondati dalle grandi montagne della terra ai confini tra Pakistan e Tibet».

Enula Bassanelli
…qui puoi trovare la classifica
Ph. © Michele Olivato
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