Se William Boffelli fosse un capo d’abbigliamento, sarebbe un paio di jeans: buono per tutte le stagioni. In estate corsa in montagna, skyrace e vertical, in inverno scialpinismo, specialità che lo scorso weekend, a Santa Caterina Valfurva, metteva in palio i titoli italiani assoluti: «L’obiettivo era quello di un piazzamento nella top ten, aver avvicinato la top five è un valore aggiunto – esordisce il 27enne dell’Underup Ski Team Bergamo residente a Roncobello – . La gara era relativamente breve e nervosa, non propriamente il mio format, ma ho fatto il massimo per dire la mia».
L’ultima ricognizione l’ha effettuata sul monte Pietra Quadra, a una racchettata da casa, ombelico di un mondo agonistico che da un quinquennio lo vede nel giro azzurro della nazionale di specialità. Quelle zone dell’amata Valle Brembana le bazzica anche da primavera in avanti con un paio di scarpette ai piedi, vedi l’abitudine di fare necessità (ambientale) virtù: «Faccio sia atletica sia scialpinismo, perché di fatto è ciò che mi permette il contesto in cui vivo – continua William Boffelli -. Il minimo comune denominatore è ovviamente la montagna, che amo per il senso di libertà che mi regala».
Lo allena Davide Milesi, a cui da pochi mesi ha tolto il record sul pizzo del Diavolo di Tenda ma non ditegli di emulare tout court le gesta del suo maestro, che fu azzurro all’Olimpiade di Atlanta ’96 in maratona: «Io di gare del genere non ne farò mai una, perché non sopporto correre al piano. So che è un limite, ma io sono fatto così…». Lui, dopo un inizio di stagione caratterizzato da un esordio incolore nella tappa di Cdm disputata a Ponte di Legno, è atteso da un 2021 che sta per accendersi. Anche se l’emergenza sanitaria, calendari alla mano, rischia di complicarlo quanto il cubo di Rubik: «Sicuramente a fine gennaio, ci sarà un’altra prova di Coppa del Mondo a Verbier, in Svizzera – traccia la dead line uno tra i più poliedrici, degli atleti bergamaschi (lo scorso anno, due volte nella top ten di Cdm) – . La speranza, ancora tutta da verificare, è invece nella disputa della Gran Course, di cui fa parte anche il trofeo Mezzalama: è una sorta di Parigi Rubaix dello scialpinismo, dopo due podi mi piacerebbe vincerla».
La scorsa estate, in qualcosa di molto simile al nulla agonistico, SuperMan Boffelli (vedi l’eguale capacità di essere protagonista su più fronti) si è inventato un po’ di avventure, formato montagna, davvero niente male. In abbinamento al record sul Pizzo del Diavolo, è arrivato quello sull’anello delle 13 cime (37 km e 4170 m di dislivello, a fianco Gil Pintarelli) con la successiva vittoria alla Matterhons Ultraks (25 km e 2876 di dislivello): «Per indole, sono uno che fermo e senza obiettivi non riesce a stare – prosegue lui, che nel curriculum ha, tra le altre, anche due vittorie alle Monte Rosa Skymarathon, la corsa più alta d’Europa (2018 e 2019) – . Tutti i giorni mi alleno dalle due alle tre ore a seconda del periodo, alternandomi con gli studi in Ingegneria civile e ambientale dove sono prossimo alla Laurea Magistrale».
Un giorno non troppo distante proverà a battere il record del sentiero delle Orobie (8h52’31”) detenuto dal 2005 da Mario Poletti: «Non so quando, ma dovrò prepararlo a dovere, perché è una sfida davvero al limite». Nel frattempo la notizia è che, nonostante il “fisico bestiale” che si ritrova (citando quella canzonetta di Luca Carboni) è ancora sentimentalmente libero: «Non lancio appelli, ma potete scriverlo, sono single. L’identikit? Deve amare la montagna, perché il fine settimana a casa o al centro commerciale non fa per me». Con la fatica ammette di vivere una sorta di rapporto borderline: «Mi piace, la cerco, ma a volte rischia di logorarmi, quando i risultati non sono quelli che spero». Di certo, sudore e sofferenza di discipline come le sue, cementano i rapporti con gli avversari e animo. Lo scorso anno, al Tour del Monseca, è stato protagonista di un episodio di fai play sui generis: «Matteo Eydallin, a cui avevo prestato delle pelli, si è sdebitato con me lasciandomi la vittoria». Cosa molto rara. A pensarci bene, un po’ come la sua poliedricità.
Luca Persico
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