Gare lunghe e gare corte, prove di montagna e prove su strada, e prove della vita. Monia Acerbis, atleta del club Runners Bergamo, professione infermiera: abbiamo voluto intervistare lei, come simbolo di quella Bergamo che resiste, sempre. Il Covid sulla sua pelle, il respiro che solo da poco ĆØ tornato quello di chi sa vincere la Monza Resegone, i malati da seguire con affetto e coraggio. E il forte desiderio di una ripresa agonistica collettiva.
Monia Acerbis dice che le mattine a cavallo tra febbraio e marzo, il ricordo delle salite della Monza Resegone, sono state una spinta non indifferente. In vetta ci si arriva passo dopo passo, con lo stesso coraggio che in quei giorni serviva come lāaria per affrontare la giornata: Ā«Sono unāinfermiera, ho vissuto il Covid-19 sulla mia pelle e continuo a toccarne le conseguenze: possiamo batterlo, facendo ognuno la sua parteĀ».
Lei, una delle lady di ferro della corsa del panorama Bg (sia in montagna sia su strada), lāha combattuto in prima linea in una clinica privata dellāalta Valle Brembana, uno degli epicentri europei di un nemico invisibile che ha cambiato le abitudini di vita, e sportive, di tutto il pianeta: Ā«Sono tra le tante persone che nelle fasi iniziali lāhanno affrontato a mani nude, senza i dispositivi minimi di protezione ā prosegue la diretta interessata – . Sono stata contagiata, sono rientrata dopo un mese per senso del dovere, ma ĆØ solo da poco tempo che percepisco il mio corpo come pienamente recuperato a livello respiratorioĀ».
Nelle ultime settimane, a spizzichi e bocconi, ha ricominciato anche a allenarsi. Tre uscite alla settimana di una decina di chilometri con andata e ritorno da AlmĆØ (dove risiede) passando per i colli di Bergamo. Lāessenziale per farsi trovare pronti al momento della ripresa agonistica e, soprattutto, prendersi cura di se stessa: Ā«Chi la scorsa primavera dava ai runner degli untori, ora ci dovrebbe delle scuse – continua la portacolori dei Runners Bergamo (suo club da sempre) – . Se il nostro paese avesse una cultura sportiva diversa, in questa fase, favorirebbe lāattivitĆ invece di bandirla con mille decreti: lo sport allāaperto fa bene, o sicuramente non peggio di tenere mille persone al chiuso in qualche centro commercialeĀ».
Passo allāindietro. Lei e lāatletica ĆØ una storia iniziata nel 2013, scoprendosi agonista dopo aver praticato in maniera amatoriale una manciata di discipline sullāesempio di papĆ (ciclismo e scialpinismo) e del fratello Domenico con trascorsi su due ruote nei dilettanti con la Bianchi di Felice Gimondi: Ā«Ma la spinta per buttarmi me lāhanno dato le mie compagne di palestra. Mi dicevano, ātu vai forte, ma hai paura del confrontoā¦ā, dentro mi ĆØ scattata una scintillaĀ».
Divampata in una sorta di incendio formato allunghi e ripetute. Lāesordio ĆØ stato un crono di 1h33ā sulla mezza maratona da fare invidia a maschietti con la metĆ dei suoi anni attuali. Da lƬ in avanti primati personali migliorati in serie (sui 21 km e 97 metri ĆØ arrivata sino a 1h25ā27ā) con un poker di successi (Etna Valetudo Marathon ā14, tre Monza Resegone consecutive dal ā16 al ā18 con Sonia Opi, Nives Carobbio e Eveline Makena Muriira) gemme incastonate in unāultramaratonetica serie di podi.
Ā«Senza presunzione, poteva andare meglio se, in tutte quante le stagioni, non mi fosse capitato qualche problema fisico – sospira Monia, che sui 10 km vanta un pb di 39ā03ā, e per anni ĆØ stata tra le protagoniste del Fosso – . Dallāautunno del ā18 con la montagna ho dovuto dire basta a scopo precauzionale, perchĆ© ho una meccanica di corsa che mi crea problemi fisici tra salite e discese. Ć un poā come il primo amore che non si scorda mai, mi manca: tra le soddisfazioni piĆ¹ belle cāĆØ stata quella di aver chiuso in poco piĆ¹ di undici ore unāedizione del Gto delle Orobie sui 70 kmĀ».
Ć una vita di corse e corsie, la sua, che lavorativamente parlando, da qualche mese, lāha vista trasferirsi in una clinica privata nel cuore di Bergamo: Ā«Sono nel reparto di riabilitazione, mi arrivano pazienti di tutte le etĆ , alcuni dei quali hanno vissuto il Covid passando dalla sala rianimazione: riuscire a renderli giorno per giorno un poā piĆ¹ autonomi ĆØ una soddisfazione senza prezzoĀ».
Se invece che le ali ai piedi, avesse tra le mani una bacchetta magica, allāanno nuovo chiederebbe parecchie cose: Ā«Una Italia con piĆ¹ coerenza: noi infermieri da eroi siamo diventati possibili untori in poco tempo, abbiamo la memoria corta. Atleticamente parlando, invece, sarebbe bello ripartire il prima possibile, e a titolo personale senza problemi fisici. Prima di smettere mi piacerebbe correre una almeno una maratona, e farla con un crono dignitosoā¦.Ā». Vada come vada, lei, la sua personalissima New York, ĆØ come se lāavesse giĆ vinta: si ĆØ spesa tra gli altri, con la generositĆ che chi fa sport conosce bene.
Luca Persico
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