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domenica, Aprile 28, 2024

Premio Alpinistico Marco e Sergio dalla Longa: vincono Zanetti e Beni con Maleficent

Selezionate, raccontate e celebrate a Nembro (Bg) le migliori imprese alpinistiche del 2015. Il Premio Alpinistico Marco e Sergio dalla Longa va a Francesco Beni e Fulvio Zanetti che aprono una nuova via sul Cimon della Bagozza. A Luca Bana il riconoscimento riservato ai giovani talenti. 

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Nembro (Bg), 27 febbraio 2016 – Precisamente nel giorno in cui la vetta del Nanga Parbat, per la prima volta nella storia, veniva calpestata nella sua glaciale versione invernale, e lā€™impresa senza precedenti veniva compiuta da un alpinista bergamasco di valore mondiale, Simone Moro, che ha raggiunto lā€™obiettivo con uno stile pionieristico (niente ossigeno, niente pile riscaldanti negli scarponiā€¦ e per una serie di contingenze, scarso acclimatamento), calato nella parte a tal punto da scegliere il silenzio e non comunicare con il resto del mondo neppure attraverso il web, ebbene, in quello stesso giorno, in provincia di Bergamo, a Nembro, terra fertile e viva di alpinismo e alpinisti, si assegnava il Premio alpinistico fratelli Marco e Sergio Dalla Longa.

Pointe du Ribon – Parete nord est – Goulotte Liv-Ice
In concorso, selezionate per lā€™ambito riconoscimento designato dal Cai di Bergamo, Cai Nembro, Club Alpino Accademico Italiano e Gan Nembro, sette ascese alpinistiche compiute nel 2015. Hanno esordito, sul palco dellā€™auditorium – durante la serata condotta da Paolo Cattaneo – Franz Rota Nodari, Mara Babolin e Remi Scaglioni. I tre, avvicinandosi seguendo la val ViĆ¹, hanno risalito lā€™inedita Goulotte Liv-Ice sulla parete nord est del Pointe du Ribon (3527 m slm), su pieghe di ghiaccio e divertenti bastionate al confine fra Piemonte e Francia.

Massiccio Bavella – Via Acces Interdit
La Corsica, parco dei divertimenti naturale per i climber di tutta Europa, ĆØ stata al centro della seconda impresa. Maurizio Tasca, Davide Spini e Giovanni Ongaro si sono cimentati sul granito strapiombante del massiccio della Bavella. La via Acces Interdit, inventata osservando i diedri che tagliano a zeta la roccia scura, ĆØ stata ideata verso la fine di maggio, sfidando la pioggia che per lunghi giorni ha inzuppato le guglie svettanti nella foresta e i larici plasmati dai venti marini.

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Monte Elbrus – Parete nord
Lā€™alpinismo non ha etĆ  e riesce a stringere a sĆ©, in una sola cordata, generazioni passate e future, coniugate in un presente fatto di condivisione quotidiana, trasferimento di esperienze di alpinismo sopraffino, miscuglio di dialetto bergamasco e lingue caucasiche, cristallizzati in un progetto che ha portato sulla sommitĆ  dellā€™Elbrus (5462 m slm) la spedizione internazionale formata da dieci alpinisti (italiani, polacchi e russi) tra cui Mario Curnis, affiancato da Matteo Gallizioli e Denis Urubko. Il tentativo in invernale, preceduto da un trasferimento in auto di 1600 km nelle lande sovietiche, rientra in un piĆ¹ ampio e ambizioso progetto portato avanti da Denis Urubko, che consiste nel formare sul campo giovani alpinisti. Il generale inverno, sullā€™Elbrus, il 10 dicembre scorso, si ĆØ mostrato in tutto il suo rigore: di notte, con le tende sballottate dal vento, la temperatura raggiungeva i meno 35 gradi.
Scalando la cima annoverata fra le seven summits del pianeta, Mario Curnis ha potuto trasmettere ai giovani conoscenze uniche e preziose come solo i migliori alpinisti al mondo possono fare. Ma il 79enne bergamasco, pietra miliare della disciplina, non si ĆØ limitato a insegnare ai compagni leggi e tecniche della montagna. Ha fatto molto di piĆ¹. Partendo dal presupposto che nessuno studioso, attualmente, ha mai analizzato il fattore dellā€™acclimatamento sulla base dellā€™etĆ , ci ha pensato lui, sperimentandolo sulla propria dura pellaccia temprata da ogni genere di difficoltĆ  in ambiente naturale. Curnis ha constatato che per un alpinista della sua etĆ  il tempo necessario allā€™acclimatamento ĆØ superiore del 50 percento rispetto ai piĆ¹ giovani. Questo dato non frena certo il suo entusiasmo verso future mete elevate: Ā«Con gli amici giusti, la voglia di avventura torna!Ā».

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El Capitan – Yosemite Valley – Via Mescalito
Trasferta oltreoceano, nel mondo incantato dello Yosemite, per la quarta scalata candidata al premio. Tra granito e sequoie che perforano il cielo altissimo sopra alla verde vallata californiana scavata da fragorose cascate, Rosa Morotti, Tito Arosio e Norbert Joos si sono gustati due itinerari granitici. Deviando parzialmente rispetto allā€™obiettivo principale, temporaneamente occupato da un team di climber tedeschi, si sono alzati per 600 m di dislivello compiendo la prima salita in due giorni e mezzo (ne avevano previsti cinque). Scesi in valle, neppure il tempo di rifletterci, e via di nuovo ad attaccare una parete, quella prestabilita, nel frattempo liberatasi. Rosa, vera anima del trio di cordata, forte come le rocce su cui issarsi e dolce come il suo nome nel portare con sĆ© il giovane Tito Arosio, ha completato la via Mescalito di El Capitan (mille metri a piombo sulla valle) in meno tempo del previsto. Una cordata impiega normalmente otto giorni. Loro invece, allo scoccare del mezzogiorno del sesto dƬ, esultavano con un grido liberatore e gioioso dalla vetta di El Capitan. In mezzo, cinque bivacchi e oltre 100 kg di materiale.

Pizzo del Diavolo di Tenda – Parete nord est – Via Tommaso Gully
Alle volte, le vie nascono un poā€™ per caso. Capita che, avvicinandosi alle pendici di un monte, il cammino si protragga piĆ¹ del solito, e conduca verso una parete poco frequentata. CosƬ ĆØ accaduto a Fabio Chiesa e Mauro Soregaroli, che il 20 dicembre hanno salito il Pizzo del Diavolo di Tenda dal versante nord est. Trovatisi nel grande anfiteatro innevato, volgendo lo sguardo in alto, verso il pizzo, hanno individuato una sinuosa e invitante linea di ghiaccio e misto. Non ĆØ rimasta alcuna traccia umana del loro passaggio, salvaguardando lā€™eleganza primordiale della goulotte appena esplorata e rinominata via Tommaso Gully.

Cimon della Bagozza – Via Maleficent
Non sempre fila tutto liscio. Quando si procede allā€™apertura di una nuova via, va messa in conto la rinuncia, ma si spera non accada proprio a te, alla tua idea. Nessun intoppo, sul Cimon della Bagozza, per Francesco Beni e Fulvio Zanetti. La loro impresa ĆØ riuscita, sorprendentemente facile nella sua complessitĆ . Ā«Trovate le esatte sequenze di buchi, tutto ĆØ andato per il verso giusto. Non ci era mai successoĀ». Un’impresa vera e propria, da inserire nel libro della storia alpinistica orobica, quella realizzata dai due alpinisti bergamaschi sulla vetta scalvina, che ĆØ valsa loro la vittoria nella nona edizione del premio Dalla Longa. Gli approcci di Fulvio Zanetti alla parete settentrionale del Cimon della Bagozza risalgono a una quindicina di anni fa. Un errore commesso lungo la via Cassin (aperta nel 1934) spostĆ² la sua attenzione verso un itinerario inesplorato, una linea che ancora non esisteva. Tornato sul posto nel 2014, sospeso fra le nubi dense della cima e i colori sgargianti delle fioriture dei Campelli, ha cominciato la risalita della nuova via, poi nel giugno del 2015 i due hanno liberato le due lunghezze piĆ¹ impegnative. Lavorando sodo in posizioni aeree, applicando tecnica su gradi elevati, hanno dato forma e sostanza a ciĆ² che mancava. Lo hanno chiamato Maleficent, il loro capolavoro da vertigine. Ā«Un nome in bilico tra l’accezione positiva, data dalla bellezza della roccia e della linea tracciata, e negativa, generata dalla fama oscura che avvolge il Cimone della BagozzaĀ».

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Monte Aga – Via SuperPiter
Se ne sta, lungo e affilato, sopra il rifugio Longo. Il lago del Diavolo ne raccoglie le pietre, il passo di Cigola ne ĆØ la principale chiave di accesso. Fra le mire alpinistiche di Marco Kita Tiraboschi, da qualche tempo, cā€™era il monte Aga, che perĆ² sfuggiva beffardo ai tentativi di apertura di nuove vie. Nel 2015, Marco Tiraboschi, insieme a Yuri Parimbelli ed Ennio Spiranelli, ha effettuato un nuovo sopralluogo. Ā«Il nostro jollyĀ», hanno detto di Ennio. Ā«Ho accettato in un attimo, impossibile dire di no a due guide alpineĀ», ha ribattuto lui. Saliti in jeep al rifugio, con il fiuto dei maestri, hanno individuato una linea da pennellare con i tiri di corda. Ma, nell’attaccare la via, un’incognita li ha impensieriti. Una cinquantina di metri piĆ¹ avanti, infatti, eccoli addentrarsi circospetti in una cavitĆ  rocciosa, passaggio obbligato. Sollevando gli occhi, perĆ², la sorpresa piĆ¹ bella e inaspettata. Raggiungendo una luminosa apertura circondata da pallido ghiaccio, fuoriuscire era possibile. Proseguendo oltre, la linea incominciata si ĆØ rivelata particolarmente intrigante e divertente, ma niente affatto semplice. Ā«Usciti dalla grotta – ha ammesso Ennio – eravamo convinti di aver svolto il lavoro piĆ¹ duro. Invece il terzo tiro ĆØ stato il piĆ¹ difficile che abbia mai fatto. Il ghiaccio era fragile, per fortuna ero il secondo di cordataĀ». Inaugurata la via SuperPiter, il messaggio che se ne trae ĆØ rivolto ai giovani di montagna: Ā«Provate nuove vie, scrutate la parete con i vostri occhi, cercate le linee, non importa che siano facili o difficili. A volte ĆØ necessario abbandonarle, ma portarle a termine non ĆØ l’obiettivo piĆ¹ importante. Sperimentate le novitĆ . Hanno un fascino impareggiabileĀ». Parola di Ennio Spiranelli.

Il giovane talento
E a proposito di messaggi alle nuove leve, nel corso della serata ĆØ stato assegnato a Luca Bana il premio riservato ai giovani. Il diciottenne di Premolo si sta distinguendo nellā€™ambiente dellā€™arrampicata con elevate performance e il raggiungimento dei gradi 8a e 8b. Il riconoscimento gli ĆØ stato consegnato da Mario Curnis. Nelle mani di Luca il futuro della disciplina: talento, passione, dedizione e serietĆ  lo possono portare lontano.

Enula Bassanelli 
Crediti foto Ā© Flavio Rota

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